"Este come era "
un viaggio nel tempo, nella tradizione, in noi stessi
Il piazzale della sagra
Quanto sia rimasto ai giorni nostri dello spirito religioso che animava nel lontano 1469 l'umile barcaiolo Zuane Zello da Ponso, allorché in una placida sera di settembre trasportava col suo legno due dame sconosciute verso la campagna dei Tresti, non è facile sapere. Tuttavia il richiamo verso quel lembo sperduto della pianura vicina ad Este ha trovato sempre e trova ancora, dopo cinque secoli, una generosa rispondenza. Nè Il fatto si giustifica solo con il desiderio sempre vivo in ogni strato della popolazione di trascorrere uno degli smaglianti pomeriggi di settembre euganeo nella baldoria di una sagra campestre. Forse diverse componenti invitano a godere l'ultimo sole e la ricchezza dei prodotti della terra: è la tradizione religiosa, il desiderio di una protezione celeste e il fascino di una scampagnata salutare. Se capiti al Tresto nei mesi assolati, quando le cicale impazziscono sugli olmi e sui pioppi, il campanile aguzzo del santuario ti appare modesto tra il verde, mentre la chiesa si crogiola al solleone ammantata di silenzio. Sul campo davanti al sagrato l'erba umile offre semplici fiori a profumare la navata solitaria; più lontano il granoturco gonfia le sue pannocchie nello sforzo di aumentare la misera congrua parrocchiale. Tutto intorno la grande quiete estiva è intenta ad ascoltare il sotterraneo lavorìo della terra che sta germogliando. Se giungi quando la nebbia pesante vela di solitudine ogni albero ed ogni siepe, l'edificio ti si para innanzi all'improvviso e non trovi nè suono nè voce che animi lo squallore del sito. Non si capisce perché la Madonna abbia scelto proprio quell'angolo dimenticato per volervi una chiesa e sia stata quasi costretta ad operare dei miracoli per convincere la gente del suo volere. Neppure ai tempi del povero Zuane Zello, quando il popolo si accontentava di ben poche cose, quel luogo piaceva alla gente; la sua solitudine pesava come un incubo. Invece forse la Vergine preferì la campagna dei Tresti per santificare con la sua visita la solitudine agreste, e per far comprendere che lontano dal tumulto cittadino è più facile incontrare e gustare la pace.
Il piazzale della sagra
Gli abitanti del villaggio, però, non disdegnano, almeno per una volta all'anno, il chiasso e la confusione di una sagra in istile. Vi si preparano anzi con impegno di marca, perché colà il tempo si misura dall'avvenimento annuale: "prima della sagra... dopo la sagra". Le vittime sacrificande per la festività sono le anitre, che vengono accuratamente rimpinzate con solidi pastoni a base di ortiche tagliuzzate e dì semola di grano. Nell'imminenza della settimana fatale, abbrancate fra le robuste ginocchia delle massaie, ricevono la duplice razione giornaliera di granoturco cacciato a forza con le dita nel lungo esofago. Dopo la operazione i poveri animali se ne partono dondolando intontiti in cerca dell'amica fanghiglia dei fossati, mentre dalle gole strapazzate esce appena un rauco strido di protesta. I trestini pensano poi all'abbellimento delle toro case e della contrada. Le ferie sarebbero per tutti in agosto, ma essi se la prendono in settembre e non per riposare. Il rinnovo della tinta alle stanze e alle facciate richiede il suo tempo, i recinti per la custodia delle biciclette e delle moto impongono altri lavori, il parcheggio delle auto è diventato anche al Tresto un problema. Quando c'erano le carrozze e i cavalli, o i più plebei carretti e somari, bastavano i campi con l'ultima erba. Ora si presenta perfino l'esigenza della réclame e dell'illuminazione. Finalmente le campane annunciano la grande settimana. Il triduo è il tempo dedicato dai fedeli del sito alla loro Madonna, perché gli altri tre giorni sono per i forestieri: la domenica per i parenti, gli operai e i contadini, il lunedì per i barbieri e i commercianti, il martedì per i "signori". Giungono all'appuntamento le carovane: in fondo i circhi equestri, le montagne russe, i toboga; al centro le autopiste e i tiri a segno; più vicine le giostre per i fanciulli e i padiglioni delle meraviglie; accanto alla chiesa le bancarelle dei giocattoli; lungo la strada i venditori di dolciumi e di mandorlato. Da parecchi angoli sale il fumo delle marmitte dove brontola l'acqua per le patate americane e le castagne, su tutto domina l'aroma dolciastro del "tira-mola", delizia dei bambini.
Madonna con bambino
L'interno del santuario